Pagina della Chiesa Madre realizzata da Alessandro Palermo con notizie sull'arte, sulla storia e sulla tradizione popolare della Città di Salemi

La TELA della "Madonna degli Angeli" di M. SMIRIGLIO

La Tela della "Madonna degli Angeli
Mariano Smiriglio - Salemi 1604
Esempio di cultura figurativa del primo seicento in Sicilia

da uno studio di Alessandro Palermo

L'opera è significativa e interessante per la conoscenza della cultura figurativa del primissimo '600 in  Sicilia e anche per comprendere la personalità dell'autore, già noto come il maggior architetto di Palermo tra la fine del '500 e gli inizi del '600. Il recupero restaurativo dell'opera è stato dettato sia per esigenze conservatrici che per interessi scientifici. Si trattava di recuperare un pezzo che per essere datato e firmato, appariva di fondamentale importanza per la maggior conoscenza dello Smiriglio, sinora pochissimo noto come pittore, perché la maggior parte delle sue opere pittoriche sono andate perdute.
Quest'opera ha una varietà di ricchezza e di riferimenti culturali che vanno dai lontani echi correggeschi  a più dirette menzioni zuccaresche  e ai vicini influssi del Paladini, maestro dell'autore, mediante forse, specialmente nel colore del barocismo di un Zoppo di Gangi, largamente diffuso in quei anni a Palermo. 

La tela della "Madonna degli Angeli" dello Smiriglio si inserisce nel contesto culturale/artistico del seicento, caratterizzato da una tendenza controriformista espressa dallo stilo barocco; si colloca nel ricco ambito siciliano che in questo secolo vede la presenza di vari stili artistici che produrranno esempi tra il classicismo e il caravaggesco. 
Per avere una visione artistica dell'opera dobbiamo guardare al seicento nel contesto Europeo e in modo particolare a quello siciliano in cui si inserisce la realizzazione della nostra opera. Per una comprensione chiara bisogna considerare sempre la personalità, artistica e di fede, dell'autore che produce con la sua opera una singolarità non soltanto per la corrente artistica del momento ma sopratutto tale singolarità è data dalla stessa persona creatrice, secondo quello che vuole rappresentare del suo intimo. Ogni opera artistica, di questo periodo, infatti è una rappresentazione di ciò che vive l'animo dell'autore.

DESCRIZIONE  OPERA

Olio su tela di dimensioni 320 cm x 230 cm, raffigurante la "Madonna degli Angeli", firmata, in basso a sinistra, con il nome dell'autore palermitano Mariano Smiriglio (1561 - 1636) e datata al 1604 (XVII sec.). 
Provenienza dell'opera: la Madrice della Città di Salemi (TP); il luogo di collocazione attuale è il Museo D'Arte Sacra della Città (sala 4). L'opera, di proprietà della Diocesi di Mazara negli anni '80, assieme ad altre opere provenienti dalle chiese distrutte e demolite in seguito al sisma del 1968, rientra tra quei beni ecclesiastici dati in custodia al Comune. 
Lo stato di conservazione è buono, restaurata nel 1967 da Carlo Giantomassi eseguendo la rifoderatura, la stiratura e una nuova intelaiatura della tela afflosciata, il consolidamento del colore rinsecchito e quasi cadente e la pulitura e verniciatura.
Catalogata dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Palermo nel catalogo generale n.° 19/00045461.

Al centro della tela troviamo l'immagine della Vergine che tiene col braccio sinistro il Bambino Gesù, con la mano sinistra un sottile e raffinato scettro dorato e con la mano destra tocca in modo elegante, quasi come per indicare, il Bambino. Poggia su una ampia mezza luna che a sua volta è sorretta da due angeli e da tre cherubini. La Vergine si presenta solenne nel portamento e delicata nel movimento del corpo e del capo; indossa un abito rosso/arancio visibile solo nella manica destra, con sopra una veste di colore rosa con leggere decorazioni in oro nella parte sotto il collo e sopra porta un ampio mantello di colore blu con decorazioni in oro nei bordi; sul capo tiene un sottile e trasparente velo bianco, con leggere decorazioni, che poggia su lunghi e intrecciati capelli castani. 

Il bambino Gesù veste con un abito rosso/arancio senza maniche e ornato con alcuni bottoni dorati e perlati. Il bambino abbraccia la Vergine col braccio destro e con il sinistro tocca quasi appoggiandosi al petto della Madre. La Vergine ha dietro il capo un ampia aureola, il bambino Gesù invece non viene presentato con l'aureola ma con una piccola sfera a metà, al centro e dietro il capo ricco e coperto di mossi capelli castani.
Due angeli, accuratamente vestiti, reggono una solenne corona a cinque punte sopra la testa della Vergine; dal capo della Vergine si staglia un ampio cerchio dorato e luminoso il quale è accerchiato da molte figure angeliche disposte in due cerchi con in mezzo un cerchio di nuvole; in alto al centro una colomba con le ali completamente aperte, simbolo dello Spirito Santo, da cui si diparte una luce.
Attorno alla Madonna troviamo, sorretti su delle delicate nuvole, diversi angeli, cherubini e due giovani uomini (in basso ai lati) rappresentati in azione di suonare alcuni strumenti musicali. Possiamo dividere il disegno in due parti per ogni rispettivo lato: all'altezza delle spalle della Vergine, a destra come a sinistra, troviamo un primo gruppo di angeli che suonano uno strumento; all'altezza delle gambe della Vergine, a destra come a sinistra, un secondo gruppo di angeli che suonano altri strumenti, disposti attorno ad un giovane musicante.
In alto invece, all'altezza del volto della Vergine e accanto ai due angeli che sorreggono la corona, sullo sfondo per ogni lato troviamo un gruppo di angeli dipinti con la stessa tonalità delle nuvole che mostrano un cartiglio con la scritta: a destra "laeticia israel" e a sinistra "gloria Jerusalem", titoli mariani desunti dalla Scrittura antico testamentaria.

Al centro in basso due grandi angeli, su delicate nuvole, sorreggono un grosso cartiglio dorato, il quale a sua volta poggia su un angelo cherubino, con la scritta: QUA NA EST ISTA Q. CADIDATORU AG/ MINU E VITA COMITATU ASCEDITAD. / NOS QUASI AURORA CONSUNENS / CAN. VI.
Infine da notare due coppie di cherubini disposti in alto agli angoli, collocati però fuori dalla luce che si staglia dallo sfondo. In basso alla nostra sinistra, accanto alla gamba del giovane musicante, la firma dell'artista: OPUS / MARIANI SMI-/RIGLI PANORMI-/TANI, e una scritta seicentesca indicante la datazione in numeri romani.

Ritornando ai gruppi degli angeli musicanti: 1) alla nostra destra troviamo, in basso un giovane musicante (potrebbe essere anche un angelo poiché si nota una sola ala, accennata, alla sua sinistra) che suona un violoncello a cinque corde finemente decorato. Il giovane uomo veste con una tunica di color celeste ornata con un fermaglio dorato sul petto, che arrivata al ginocchio si apre rendendo visibile la parte posteriore della veste decorata con motivi geometrici e floreali; sulle ginocchia poggia un lenzuolo viola decorato con motivi floreali e tra le gambe tiene il violoncello; il giovane uomo porta ai piedi dei calzari decorati. 
Accanto a questa figura troviamo, in secondo piano, un angelo che tiene tra le mani uno spartito di musica quasi nell'atto di farlo leggere al giovane musicante; l'angelo porta un diadema sul capo. 
Sopra questa coppia troviamo due angeli con il diadema sul capo: il primo suona un sottile corno e veste un abito giallo, il secondo ascolta la melodia e veste un abito blu, sullo sfondo svolazza un velo rosso arancio. 
2) In alto a destra, altro gruppo di angeli sorreggono un piccolo organo a canne, suonato da un angelo; nel frattempo un altro angelo porge uno spartito di musica.
3) Alla nostra sinistra troviamo, in basso un altro giovane musicante (stavolta è chiaro che si tratti di un uomo poiché non ci sono accenni di ali angeliche), l'uomo veste solo dal fianco in giù, porta una veste di colore giallo decorato con motivi floreali, cinto ai fianchi con una grossa cintura verde decorata con motivi dorati, un velo di color blu con decorazioni in oro ai bordi che fuoriesce dalla cintura e un panno, di colore bianco con decorazioni a strisce verdi e dorati, fuoriesce dalla veste principale candendo dietro la sua gamba destra, porta anch'esso dei calzari (visibile solo quello al piede destro) finemente lavorati, di colore celeste con decorazioni in oro. Porta sul capo un diadema; egli è presentato nell'atto di suonare uno strumento a corde, tipicamente barocco, probabilmente corrisponde ad un liuto (una sorta di chitarra con la cassa più ampia). Accanto, alla sua sinistra un angelo in atto di ascoltare la melodia, fissando il musicante, tiene in mano uno spartito; egli veste con una abito di colore rosa e porta anch'esso un diadema sul capo. 
Sopra questi due angeli ne troviamo un'altra coppia: uno nell'atto di suonare un violino, l'altro un flauto di legno. Gli angeli portano una trasparente sottoveste bianca con sopra un vestito rosso per l'angelo col flauto e blu per quello con il violino. Un velo di colore blu, con ai bordi due ricche strisce dorate, svolazza alle loro spalle.
4) In alto a sinistra l'ultimo gruppo di angeli: un angelo suona un'arpa, finemente decorata, sorretta da un altro angelo e altri due angeli ascoltano la melodia. Uno di loro tiene in mano uno spartito.

DATI  E  RIFERIMENTI  STORICI
La tela della Madonna degli Angeli sino al gennaio del 1968 era collocata nella Madrice di Salemi, all'altare maggiore sotto una grande tribuna, sorretta da due colonne di gesso per lato, al centro di una cornice di gesso realizzata probabilmente dallo scultore bolognese Pietro Rosso che secondo Paolo Cammarata nel suo libro "Il Castello e le Campane" stava lavorando proprio nei primi anni del sec. XVII, periodo in cui viene realizzata l'opera. 
In seguito al terremoto della valle del Belìce la Madrice ebbe la sorte di essere demolita e le opere in essa contenute furono trasportate inizialmente presso la casa di riposo S. Gaetano e poi, per una convezione tra Curia e Amministrazione comunale,  affidate in custodia al Comune e alcune di esse, collocate nel Museo D'Arte Sacra situato nei locali dell'ex Collegio dei Gesuiti dove tutt'ora nella sala 4 è possibile ammirare la tela dello Smiriglio.

Nel manoscritto del gesuita Stanislao Cremona  scritta nel 1762 abbiamo l'attestazione della presenza di questa tela: «All'altare maggiore dovrà collocarsi un gran quadro dell'augustissima Reina del Paradiso circondata d'ogni intorno da gran quantità di Angeli, chiamato per da' nazionali il quadro della Madonna degli Angeli, quell'istesso, che s'avea nell'altare antico». 
Lo stesso Baviera  nella sua opera "Memorie storiche sulla città di Salemi" dice: «Bellissimo è il quadro che vi si venera, e che figura la Madonna degli Angioli cui la chiesa è dedicata; non se ne sa intanto l'autore, quantunque con qualche probabilità si dica essere di un certo Smiriglio, celebrato pittore che fiorì nel 1400». 

Queste due fonti attestano la presenza della tela nella Madrice ma non riportano il nome dell'autore, il Baviera attesta la probabilità che possa essere dello Smiriglio ma lo colloca erroneamente nel 1400. Probabilmente nel corso dei secoli la firma, che è riportata sulla tela in basso a sinistra, si logorò e solo dopo gli ultimi restauri del 1967 è ritornata visibile. Apprendiamo che la Madrice di Salemi doveva essere intitolata e dedicata alla Madonna degli Angeli prima degli inizi del XIV sec., periodo in cui storicamente collochiamo la dedicazione della chiesa al patrono S. Nicola di Bari (1341). 
Il Cremona dice che questa tela rappresenterebbe un precedente quadro raffigurante la Madonna degli Angeli il quale era collocato nell'altare maggiore della chiesa. Al tempo del Cremona la Madrice aveva già assunto il suo ampliamento architettonico e la sua definitiva ristrutturazione. Precedentemente a questa costruzione esisteva un altro edificio, oggi riscontrabile solo attraverso la cripta sotto l'abside, utilizzata per la sepoltura degli Arcipreti e già utilizzata nella prima metà del XV, poichè dentro vi è stata ritrovata una lapide sepolcrale del 1540 circa. E' questo il precedente edificio che custodiva nel suo altare maggiore la tela dello Smiriglio, noi non conosciamo nulla riguardo a questa precedente costruzione, ma sappiamo che l'altare maggiore, che ha conosciuto il Cremona, e che noi oggi possiamo solo osservare nei suoi resti, è stato realizzato dopo il 1615 e probabilmente alla fine del '600, in quanto lo stesso Cremona attesta che nei lavori di ristrutturazione ultimo spazio ad essere realizzato fu l'abside con la tribuna, che al centro custodiva la tela della Madonna. 

Paolo Cammarata nel suo testo "Il castello e le campane" riporta una fonte di un Atto Notarile  di Salemi il quale attesta che nel 1604 i Giurati della città di Salemi avevano stabilito di adornare l'altare maggiore della Chiesa Madre con una grande tela raffigurante la "Madonna degli Angeli" cui la Madrice era dedicata prima che S. Nicola divenisse il Patrono di Salemi . 
«Al concorso aderirono tre pittori trapanesi: Narciso Guidone, Vito Carrera e il palermitano Mariano Smiriglio. Una commissione di esperti, con il compito di valutare anche il compenso da pagarsi al vincitore, avrebbe giudicato le tele e scelta l'opera ritenuta migliore. Del Guidone, forse scoraggiato dalla presenza dei due temibili concorrenti, non si ebbero più notizie mentre il Carrera e lo Smiriglio, sia pure con un leggero ritardo rispetto ai tempo convenuti, portarono a compimento le rispettive opere di soggetto simile e di uguale dimensione. Non avendo potuto la prevista commissione di esperti insediarsi a causa di varie controversie insorte nel frattempo, i Giurati incaricarono del giudizio il pittore castelvetranese Giuseppe Ferraro, figlio dell'assai più famoso Antonino Ferraro da Giuliana, il quale, dopo attento esame, ritenne più meritevole la tela del Carrera che cosi venne collocata sull'altare maggiore della Chiesa Madre.
A questo punto, forse allo scopo di rifarsi almeno delle spese sostenute, lo Smiriglio offri la sua tela scartata al concorso alla Chiesa della Madonna della Pirrera  dove viene accolta come un capolavoro.
Le cose sembravano sistemate con buona pace di tutti quando invece, a partire dal 1615, nel corso dei lavori di ampliamento della Madrice dei quali era progettista, guarda caso, proprio Mariano Smiriglio, su quell'altare non troviamo più la Madonna degli Angeli del Carrera ma quella del pittore ed architetto palermitano. Che cosa era accaduto? Le ipotesi che si possono avanzare a questo proposito sono due: forse essendo stato necessario rimuovere la tela del Carrera onde consentire i complessi lavori nell'abside gli operai la danneggiarono al punto da non potervi essere più ricollocata e si rese necessario fare ricorso a quella dello Smiriglio che, non dimentichiamolo, era di soggetto simile e di dimensione identiche e pertanto perfettamente aderente alla cornice in stucco preparata un decennio prima da Pietro Rosso; o forse, come adombra la Balsano, lo Smiriglio, forte dell'autorità nel frattempo acquisita per essere diventato "Marammiere" del Senato di Palermo, aveva voluto rivalersi nei confronti del suo antico avversario imponendo ai Giurati di sostituire la tela del Carrera con la propria».

Considerando la Madrice precedente ai lavori di ampliamento, nella sua struttura architettonica negli inizi del XVII sec. (che noi non conosciamo), e attenendoci alla fonte sopra riportata apprendiamo che l'altare maggiore della chiesa doveva essere adornato con una tela che raffigurasse la Madonna degli Angeli, cosi come era venerata in questa chiesa. Quindi in questo altare doveva esserci o una tela della Madonna rovinata e quindi da cambiare, oppure, rifatta la tribuna un decennio prima dal bolognese Pietro Rosso, si attendeva la scelta di una tela da collocare.
Cosi come attesta l'Atto Notarile, venne bandito un concorso a cui parteciparono tre artisti: Narciso Guidone e Vito Carrera trapanesi e il palermitano Mariano Smiriglio. Riguardo ai pittori trapanesi, cosi come ci attesta M. Serraino, il Guidone, nato nella seconda metà XVI a Trapani, dovette realizzare le tele per la Madrice di Erice, e una tela di S. Bartolomeo per la chiesa di S. Paolo di Alcamo. Venne chiamato nel 1612 a giudicare le opere di Vito Carrera eseguite per la Chiesa di S. Matteo, quindi doveva avere una certa notorietà e estimazione a livello artistico. Riguardo a Vito Carrera, anch'esso di Trapani proveniente da una famiglia di illustri pittori vissuti e operanti nel XVI sec., nasce nel 1555, rimase celibe e fu maestro del monrealese Pietro Novelli, seguì la scuola veneziana. Il Serraino nel suo testo cosi lo descrive: "usò tinte leggere nelle parti chiare, e sovraccarico con scuri taglienti le parti in ombra; fu verista nelle espressioni, perfetto nelle composizioni e diede semplicità di movimento alle figure". Il Carrera realizzò nel 1602 alcune tele per la Chiesa del Carmine di Calatafimi raffiguranti la Deposizione della Croce; nel 1603 era impegnato nella realizzazione di una tela con Vito Lombardo, nel 1612 lavorò per la realizzazione di alcune tele che poi saranno giudicate dal Guidone. L'artista mori nel 1622 all'età di 67 anni.
A Salemi abbiamo diverse opere realizzate da artisti trapanesi (Milanti, Pietro Orlando, etc.) ma nessuna opera del Guidone e del Carrera. La Diocesi di Mazara nel sec. XVII si estendeva per tutta la provincia di Trapani pertanto gli artisti trapanesi lavoravano sotto la sorveglianza del Vescovo di Mazara, a Salemi riscontriamo diverse  opere artistiche frutto delle mani di pittori trapanesi.
Accanto a questi due grandi artisti troviamo il palermitano Mariano Smiriglio, al quale successivamente sarà dato l'incarico dei lavori per la ristrutturazione della Madrice di Salemi. 
Al concorso però parteciparono solo il Carrera e lo Smiriglio, realizzarono la tela con lo stesso soggetto e probabilmente della stessa grandezza secondo la cornice della chiesa in cui doveva poi venir collocata. Il pittore castelvetranese Giuseppe Ferraro venne chiamato a giudicare la tela migliore e dopo attento esame ritenne migliore, per la Madrice di Salemi, la tela di Vito Carrera la quale ad esame terminato venne collocata nell'altare maggiore. 
Mariano Smiriglio, cosi come ci racconta Paolo Cammarata, donò la sua tela alla chiesa della Madonna dei Miracoli, situata nella zona della Pirrera (territorio fuori le mura della città). Non si può confermare questa tesi in quanto della chiesa oggi non riusciamo ad avere notizie soddisfacenti, in ogni caso doveva essere un edificio grande per accogliere la grossa tela. La chiesa si trovava in un piccolo borgo sotto il paese, con un proprio cimitero. 
Sotto l'Arcipretura del Reverendo Don Francesco Di Blasi si diede inizio alla nuova costruzione della Madrice; il progetto venne affidato a Mariano Smiriglio, affiancato dai progettisti Giuseppe Salerno e Giuseppe Russo, che disegnò la pianta della Chiesa imitando quella della Chiesa dell'Olivella di Palermo. I lavori durarono molti anni e si bloccarono in più riprese. Non sappiamo se i lavori furono portati a termine dallo stesso Smiriglio, che probabilmente diresse i lavori solo nei primi anni del 1615-1619. Il lavoro venne completato nel 1761 e definito solo nel 1829 con perfino aggiunte di stucchi e indorature negli inizi del '900.
La Madrice negli anni del '600 si presentava troppo indecorosa e disordinata, l'Arciprete probabilmente nel 1615  decise di rinnovarla e di ampliarla. Un decennio prima il bolognese Pietro Rosso aveva realizzato la cornice nella tribuna dell'altare maggiore, e nel 1604 si ipotizza la realizzazione delle due tele (quella del Carrera e quella dello Smiriglio che ne usci perdente). Quindi i lavori iniziarono con la tela del Carrera collocata nell'altare maggiore ma già nel 1615 non troviamo più questa opera ma la tela dello Smiriglio che era custodita nella Chiesa della Pirrera. Paolo Cammarata suppone che per i lavori la tela del Carrera si rovinò e quindi dovettero provvedere a cercarne un'altra, probabilmente commissionarla avrebbe richiesto una spesa che non era possibile sostenere; siccome lo Smiriglio era il progettista dei lavori con molta probabilità fece portare la sua tela che si trovava nella Chiesa della Pirrera e la collocò in Madrice. Questa ipotesi è molto realistica in quanto lo Smiriglio in quegli anni aveva assunto il ruolo di Marammiere del Senato di Palermo, quindi con la sua autorità e essendo capo dei lavori avrà risolto il problema della tela con la sua, la quale era delle stesse dimensioni per la cornice. Il Cremona  ci tramanda che gli abitanti e i frequentatori della Chiesa della Pirrera ci rimasero male per aver perso la bella immagine della Vergine.
Sono solo queste le fonti storiche locali che offrono notizie riguardo questa meravigliosa opera. Ascoltando alcune testimonianze di salemitani in realtà nella Madrice l'immagine mariana che veniva maggiormente venerata e ammirata era la statua dell'Immacolata collocata nella sua cappella (oggi custodita nella Chiesa del Collegio e venerata dal popolo salemitano), di questa tela collocata all'altare maggiore non se ne dava attenzione particolare, probabilmente nel tempo si dovette rovinare e nell'ombra della polvere non era possibile ammirarne la bellezza dei colori e dei movimenti. 
Oggi della Madrice rimangono solo alcuni resti, l'abside e le cappelle laterali, rimaste in piedi dopo la demolizione avvenuta in seguito al terremoto del '68. La chiesa non subì danni da richiedere un intervento cosi drastico, ma la scelta dei "potenti" di allora preferì perdere un luogo sacro e prezioso per altri affari e fini non corretti. Cosi con la perdita della Madrice molte opere artistiche di grande valore (il fonte battesimale di Domenico Gagini, una statua marmorea di scuola Gaginiana, la Madonna policroma in terracotta di Domenico Gagini) perderanno sia la loro funzione sacra e sia la loro presenza negli occhi dei fedeli perchè uscendo dal luogo per cui sono nate, hanno perso per sempre la loro funzione, tra queste la tela della Madonna degli Angeli. 
Oggi le opere sono custodite, temporaneamente, presso il Museo D'Arte Sacra della città, si spera in un domani che alcune di esse possano ritornare alla loro funzione per cui sono state realizzate. La tela dello Smiriglio, come le altre tante opere, per il momento riposa nelle sale del Museo; certo che l'effetto non è uguale nel vederla in alto sull'altare maggiore della Madrice ma nel disporsi di fronte e osservarla fa percepire la bellezza e la raffinatezza dell'opera che ci mostra la Vergine Maria  nella sua gloria.

MARIANO SMIRIGLIO

Pittore e architetto Mariano Smiriglio nasce a Palermo nel 1561 e muore il 19 Settembre del 1636. Fu allievo di Filippo Paladini . E' sepolto nella Chiesa del Soccorso di Palermo. Secondo un itinerario artistico fra manierismo  e barocco, si distingue in modo particolare come pittore, infatti viene più volte ricordato come "pregiatissimo pittore", oltre che "nobilissimo architetto". Sono noti alcuni casi nei quali svolge funzioni miste di progettista della decorazione ed esecutore della stessa opera. 
Dopo la nomina di Architetto del Senato di Palermo (1602), Smiriglio si dedica prevalentemente alla professione di architetto. Da segnalare sono anche le sue attività di scenografo e di apparatore, questa sua competenza è peraltro attestata anche da alcune sue perizie specifiche eseguite a Castelvetrano (TP). Nel campo dell'edilizia civile è da ascrivere l'ampliamento del Palazzo Pretorio (1616-1620), la realizzazione dei capitoli per l'Accademia dei Cavalieri Bianchi allo Spasimo (1619), l'Ospedale di S. Giacomo che però li viene solo attribuito. Costruì l'Arsenale di Via del Moro e disegnò le statue della piazza ottagonale dei Quattro Canti. Con la realizzazione dei disegni dell'arco trionfale per l'ingresso del Viceré Olivares si guadagnerà la nomina di regio architetto.
A confermare la pienezza della cultura architettonica, fra i principali artefici del trapasso tra manierismo e barocco nella Sicilia del primo sec. XVIII, vanno ricordati i suoi numerosi impegni nell'edilizia religiosa, che sotto la spinta della controriforma, va mutando con forme di nuova e più ricca monumentalità. Un esempio sono la chiesa del Carmine, la chiesa di Badia Nuova, la chiesa di S. Matteo, la chiesa della Madonna dei Rimedi, forse anche la chiesa di S. Ignazio all'Olivella , in cui, con certezza, qui ha realizzato il crocifisso, esempio del nuovo accentuato cromatismo  che dovrà diventare caratteristico delle chiese siciliane. Lo Smiriglio ha realizzato anche la cappella della patrona di Palermo, S. Rosalia, nella Cattedrale e la cappella della Santa sul Monte Pellegrino, anch'essi esempi di edilizia religiosa della controriforma.
Fuori la città di Palermo ha lasciato anche le sue tracce, con il progetto del monastero di S. Martino delle Scale e il progetto, oltre che una prima direzione dei lavori, della Chiesa Madre di Salemi nel 1615-1619.
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di Alessandro Palermo

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Lo studio qui presentato è tratto, da un elaborato scolastico, realizzato dall'allievo Alessandro Palermo, per la Pontificia Facoltà Teologia di Sicilia (Palermo). Qui, in questa pagina web, viene riportata solo una parte del lavoro e non sono riportate le note e i riferimenti.


BIBLIOGRAFIA


- "La Città di Salemi, illustrata per diverse notizie spettanti", trascrizione dal manoscritto del 1762 dell'autore P. Giuseppe Stanislao Cremona, curata da Salvatore R. Scaduto e Salvatore R. Maltese.
- "Memoria Storiche sulla città di Salemi", di F.S. Baviera, Atesa Ed.
- "Il Castello e le Campane", di P. Cammarata, Sellerio Ed. Palermo, 1993, pgg. 106-107.
- "Cenno storico e topografico della Città di Salemi" di Simone Corleo, a cura di Salvatore Denaro, edizione Comune di Salemi.
- "Guida storico - artistica dei beni culturali di Alcamo, Calatafimi, Castellamare, Salemi, Vita" di Cataldo Carlo, Alcamo, Seragraf 1982.
- "Trapani nella vita civile e religiosa, Compendio delle notizie storiche alla luce degli atti notarili del sec. XVI-XVII-XVIII" di Mario Serraino, ed. Cartograf, Trapani, pgg. 142.
-   "In memoria della Chiesa Madre di Salemi" di Salvatore Riggio Scaduto.
-    "Dizionario degli artisti siciliani: pittura, scultura, architettura" di L. Sarullo, vol. I Architettura (voce M. Smiriglio pgg. 402-404), ed. Novecento, Palermo 1993.
- "Il barocco e la cultura Europea del Seicento", in De Vecchi - Cerchiani,  Arte nel Tempo, Vol. II, tomo 2, pgg. 618-619
-   "Il Seicento", in G. C. Argan, Storia dell'Arte Italiana, Vol. III, tomo 2, pgg. 143-145.
- "Storia dell'Arte nell'Italia meridionale", di F. Abbate, Donzelli editore, Roma, 2002. 
- "Attività delle soprintendenze - Sicilia", in Bollettino d'arte n° 2-3,1968, pg. 156 (Scheda del dott. V. Scuderi).
- Foto di Alessandro Palermo.

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