Pagina della Chiesa Madre realizzata da Alessandro Palermo con notizie sull'arte, sulla storia e sulla tradizione popolare della Città di Salemi

La Basilica Paleocristiana di Salemi

(E nella mappa) mosaico del monogramma di Cristo o Chi Rho
SAN MICELI
la Basilica Paleocristiana di Salemi


"...Ricordati, Signore, del tuo servo Sapricio..."





In Sicilia la documentazione relativa al mosaico paleocristiano è abbastanza carente sia per la mancanza di scavi organizzati sia per i danni provocati dai lavori agricoli. A causa di questa situazione i pochi esempi giunti a noi rivestono un’importanza eccezionale e tra questi spicca quello della basilica di S. Miceli trovata a Salemi. 
Nella contrada denominata San Miceli, per il nome di questa basilica, (a valle della Città e guardando verso nord), si trovano i resti della basilica paleocristiana (dimensioni stimabili 14,50 x 14,75 m.) risalente al III – IV sec. d. C. e "dedicata" all'arcangelo San Michele. Il culto a S. Michele Arcangelo è di origine orientale, l'imperatore Costantino I a partire dal 313 li tributò una particolare devozione nei suoi territori (tra cui l'Africa settentrionale e la Sicilia) e alla fine del V il culto si diffuse rapidamente in tutta l'Europa.

Nel 1893, Antonio Salinas, su segnalazione di Giovanni Baviera e Antonino Lo Presti, appassionati di archeologia, scoprì in un terreno di proprietà di Gaspare Spedale, la presenza di antichi mosaici. Iniziati gli scavi, vennero rinvenute le fondazioni di una basilica monoabsidata a pianta longitudinale rivolta da levante a ponente come tutti gli edifici sacri dei cristiani. La basilica di modeste dimensioni, aveva una pianta rettangolare con due file di cinque colonne che dovevano dividere originariamente la superficie in tre navate. Il ritrovamento di tracce murarie davanti all’ingresso, realizzate con la tecnica dell’opus incertum, lasciano presupporre che l’edificio era completato da un nartece, tipico delle basiliche paleocristiane romane e greche.
Altri ritrovamenti furono i resti bruciati (travi, coppi, canali) rinvenuti nel manto terroso che ricopriva il pavimento. Di conseguenza si presume che la distruzione di questo edificio sia avvenuta a causa di un incendio, come spesso accadeva durante le persecuzioni verso i cristiani.
All’interno della basilica sono stati ritrovati tre strati di pavimento a mosaico di diversa età e di differente valore stilistico. A circa 35 cm di profondità fu rinvenuto un mosaico quasi completamente distrutto sul quale era ancora possibile leggere, a tessere bluastre su fondo rosso, l’iscrizione latina: “… ai tempi del pontefice, vescovo e padre…”. Ancora più in basso un secondo pavimento a mosaico lavorato a scomparti romboidali con tessere bluastre su fondo bianco. Qui si potevano ancora leggere, stavolta a  caratteri greci, tre diverse iscrizioni interpretate dallo stesso Salinas. Sotto questo pavimento c’era un terzo mosaico composto da tessere di rozza fattura e con tracce di iscrizioni che non fu possibile decifrare sia per il cattivo stato dell’insieme, sia per gli inevitabili ulteriori danneggiamenti, causati durante le operazioni di recupero degli strati soprastanti.
Detti mosaici risultano particolarmente significativi per il coesistere nella loro decorazione della tradizione geometrica classica e degli influssi di quella particolare fioritura che l’arte del mosaico aveva avuto nell’Africa settentrionale.
All’interno e lungo il perimetro esterno della basilica furono esplorate 58 tombe, che ospitavano i resti di componenti di famiglie facoltose e di semplici fedeli, ricchi di corredi funerari e di suppellettili (anticamente era abitudine seppellire i cristiani accanto agli edifici sacri).

Lo scavo ha messo in luce tre fasi contraddistinte, dalla più recente alla più antica, con le lettere A, B e C. 
Fase A (la più recente): i resti relativi alla fase più recente della chiesa sono molto scarsi, il pavimento superiore venne gravemente danneggiato all’atto della scoperta e anche successivamente.  L’elemento più interessante è costituito da un frammento musivo trovato nella metà orientale della navata centrale recante l’iscrizione latina “...MPORIBUS ...NTIFICIS PATRIS EPISC... ...OMINUS DO... ...NORIS F... ...IOLI CE...”. L’epitaffio contiene forse l’allusione a un [p]ontificis patris episc[opi]. Sulla base delle caratteristiche architettoniche dell’edificio il Pace attribuì questa fase al VI sec. d.C.
Questo pavimento superiore, al momento della scoperta, giaceva sotto uno strato di materiale di colmata, con frammenti di coppi e tegole della tettoia, e tracce di terra bruciata con carboni, resti forse delle travi che sostenevano la tettoia, e cioè, con buona probabilità, il tetto a spioventi che copriva la basilica (le basiliche paleocristiane alla stessa maniera di alcuni templi greci erano costruite con il tetto in legno).
(*) mosaico della fase B

Fase B: Questo secondo momento della basilica è caratterizzato da un altro pavimento musivo che è stato scoperto sotto il mosaico con l’iscrizione latina: esso è caratterizzato nella sua metà occidentale da uno schema geometrico di ottagoni e quadrati contenenti motivi floreali stilizzati e nella sua metà orientale da quadrilateri irregolari intervallati da losanghe; questa parte del pavimento ospita inoltre cinque iscrizioni musive di cui quattro greche e una latina che recano i nomi di probabili benefattori della chiesa: Kobouldeos e Maxima, Zosimos, Saprikios, Makarios e Dionisius (*).
Sulla prima epigrafe si legge “Kobouldeos e Maxima sciolsero il voto per la salvezza dei loro figli”. Particolarmente interessante è il nome Kobouldeos molto diffuso nelle comunità cristiane dell’Africa settentrionale e significa “Quod vult Deus”. Questo testimonia che compagini africane in epoca tardo-romana erano ancora presenti nella parte occidentale dell’isola e che contribuirono alla diffusione del cristianesimo in queste zone, è da ricordare che l'antica Diocesi di Lylibeo sino all'VIII aveva anche giurisdizione su una parte della Chiesa dell'odierna Tunisia.
La seconda iscrizione dice “Il presbitero Macario per la salvezza di Kobouldeos”. La tipologia dell’iscrizione sembrerebbe essere funeraria ma a causa della perdita dei dati stratigrafici non si può affermare ciò con certezza. Questo frammento di mosaico è comunque riferibile ad un restauro; quest’ultimo potrebbe essere riferibile o alla tomba di Kobouldeos costruita dal presbitero Macario oppure ad un restauro del pavimento voluto da Macario per onorare la memoria del fondatore della basilica (Kobouldeos?).
Nella terza iscrizione si legge “Ricordati, Signore, del tuo servo Sapricio”. Il nome presente nell’epitaffio viene da greco “sapròs” “putrido” ed è un nome abbastanza diffuso tra i primi cristiani che per umiltà adoperavano nomi dispregiativi.
L’unica iscrizione funeraria certa è quella di Dionisius che dice “ Il presbitero Dionisio visse in pace 55 anni”. Questa seconda fase è ascrivibile al V sec. d.C.
Poiché in età paleocristiana in Sicilia si parlava sia in latino che in greco, la compresenza delle due lingue nella basilica di Salemi non può stupirci. Tuttavia, l’uso del latino divenne più frequente sotto il pontificato di Gregorio Magno (590-640); quest’argomento linguistico ha indotto gli studiosi ad attribuire il pavimento della fase più recente (A) al VI secolo, e il precedente (B) - dove prevalgono le iscrizioni in greco - al V secolo.


FASE C (la più antica): la prima fondazione della chiesa, cui risalgono le poche tracce di un pavimento musivo “con tasselli mal connessi” sottostante il secondo pavimento, potrebbe ipoteticamente risalire anche alla metà del IV secolo, o tra la fine del IV e gli inizi del V.
La definitiva distruzione con incendio della chiesa va datata nel corso o appena dopo la metà del VII secolo.
Sia l’associazione di mosaici e di iscrizioni funerarie sia i nomi presenti nelle epigrafi sono di origine nord-africana. La qualità meno elevata del pavimento della basilica di Salemi tradisce tuttavia una fattura locale che si servì di modelli africani circolanti a quell’epoca nel Mediterraneo occidentale.


__________________________________________________

© Chiesa Madre Salemi

Lavoro di Alessandro Palermo

Fonti: Giuseppe Stabile (Arkeomania.com)
Foto: Gruppo archeologico Xaipe



Immagini Chiesa Madre (Chiesa del Collegio)

Pagina web ideata e realizzata da Alessandro Palermo

© Chiesa Madre Salemi - Vietata ogni riproduzione senza autorizzazione.